giovedì 6 settembre 2012

"Brave", Pixar

Quando gli ingredienti base sono principesse riottose e implacabili destini siglati Walt Disney, la storia d’amore a lieto fine è sempre assicurata.
Dall’avvento dell’era Pixar, però, le cose sono molto cambiate. Wall-E, Up!, persino l’americanissimo Gli Incredibili sviluppano trame moderne, dove il romanticismo tout-court non esiste. E l’ultima fatica della più importante casa di produzione di cinema animato non è da meno.
Brave è la storia di Merida, giovane principessa un po’ ribelle (da cui il titolo in italiano, che come spesso accade è assai riduttivo) che in una Scozia medievaleggiante decide d’interrompere la secolare tradizione di fortificare i regni tramite vincolo matrimoniale.
 Ultima erede delle eroine disneyane “femministe” come Ariel, Jasmine e Belle,  Merida tocca un estremo che per loro era tabù: d’amore, in senso romantico, non vuole proprio sentir parlare. Non solo non vuole che il suo destino sia legato a un qualsivoglia marito scelto per lei in forza di atavici obblighi, vuole proprio essere libera: libera di scorrazzare per i boschi sul suo splendido frisone Angus (vero e proprio miracolo animato) e scoccare frecce al galoppo con una precisione da Robin Hood.
Ma Merida ha una madre che, al contrario di lei, non intende rinnegare i doveri dell’erede al trono. Nonostante i vani tentativi di perfezionare le sue maniere, ha educato la figlia in previsione della sua prossima vita a corte, e non intende permetterle di abdicare a quel ruolo.
Merida si rivolge allora a una strega, affinché con un incantesimo cambi sua madre e il suo destino; ma come sempre accade, l’incantesimo si rivela un’arma a doppio taglio, troppo potente per essere maneggiata come si deve da un’adolescente capricciosa.

Non è che non ci siano momenti deboli in questo film; soprattutto verso la fine, anzi, la sceneggiatura torna ad avere un po’ quel sapore buonista che Walt avrebbe approvato. Nel complesso però, la costruzione dei personaggi e i legami che sviluppano sono degni di un qualsiasi film dal vero per adulti.
Merida ha una famiglia credibile e decisamente spassosa. La madre, Elinor, è una fiera bacchettona cresciuta a pane e galateo, che vuole imporre alla figlia lo stesso stile di vita; il padre, Re Fergus (sarà mica un caso, l’assonanza del suo nome con quello del cavallo?) è invece un bonaccione sempre pronto allo scherzo. I tre gemellini pestiferi, oltre ad essere tristemente realistici (chi non abbia fratelli minori non può capire) sono anche un omaggio alla fiaba di Ricci d’oro e i tre orsi, benché non troppo esplicito. Merida, infine, è un’adolescente doc: egocentrica, rabbiosa, irrazionale, idealista e piena di passione. Non pensa alle conseguenze delle sue azioni, e anche quando lo fa non si sofferma a pensare alle ripercussioni che le sue scelte avranno sugli altri. Vuole essere libera, insomma, come tutti gli adolescenti: libera di fare quel che più le pare.
Così, quando deve scegliere il tipo di gara che i pretendenti dovranno disputare per avere la sua mano, Merida non ha dubbi: tiro con l’arco. E alla fine della ridicola prova che i tre giovani daranno di sé, lei si fa avanti in qualità di primogenita che concorre a conquistare sé stessa.
L'idea è azzardatissima e potente: non ci si sarebbe aspettati tanto da un film d’animazione che dopotutto è implicitamente (almeno in Italia) destinato a un pubblico infantile.
La sfida della ragazza a ogni regola non è solo una ribellione puberale: spezzando in due la freccia di un principe che per puro caso aveva centrato il bersaglio, lei non solo dimostra la sua superiorità, ma polverizza l’intera tradizione fiabesca occidentale. Dove si è visto mai che la principessa non voglia un consorte? In quale racconto la bella figlia del re non aspetta un intrepido giovane di cui innamorarsi? 
Con quella dichiarazione, “io concorrerò alla conquista di me stessa!”, Merida offende le casate di tutto il regno e gli spettatori di tutto il mondo. E a noi, ovviamente, piace.



Lasciatosi alle spalle il primo limite, Brave decide di andare fino in fondo: dalla metà in poi appare chiaro che il fulcro della vicenda non sarà l'ipotetico marito di Merida, bensì il suo rapporto con la madre.
Già nel succitato Up! la Pixar aveva accarezzato con suprema grazia non solo il dramma dell’aborto, ma anche la sorpresa di un vecchio che ritrova la gioia di vivere in un lagnoso boy scout, sorta di nipote controvoglia acquisito. Qui invece è il legame madre-figlia a fare da perno per quella che potrebbe essere una tragedia annunciata: Merida non solo dovrà trovare il modo di salvare sua madre e “ricucire lo strappo”, ma soprattutto di comprendere dentro di sé ciò che questo significa.
Il suo viaggio di formazione, in altre parole, passa necessariamente dall’accettazione del punto di vista materno, e dal comprendere che la distanza fra loro non è che un accumulo di banali incomprensioni. Questo con buona pace dei sopravvalutati "traumi infantili" (definizione oggi inflazionata e spesso impertinente), dietro i quali spesso si nasconde solo una gran paura di scegliere da sé e per sé.

Merida è una figura splendida perché incarna contraddizioni molto buffe: da una parte potrebbe essere una perfetta femminista, con forte desiderio d’indipendenza e libertà, dall’altra è una bambina egocentrica che non ha ancora compreso il suo posto nel mondo.
Il suo scendere a patti col dovere e il “destino” è, da parte sua, immenso: a differenza della sirenetta che si immola al suo sogno d’amore (anche se la Disney se non altro le ha regalato un matrimonio coi fiocchi), Merida capisce che la libertà di cui vaneggia non esiste per nessuno.
Commovente fino alle lacrime è la sua disperazione quando abbraccia la madre credendo di averla persa, mormorando "ti rivoglio com'eri". Merida-adolescente è diventata adulta senza perdere nulla della sua purezza.

Infine, il nemico da sconfiggere (che non può mancare) è un orso cattivo, molto più cattivo del predecessore nello struggente Red & Toby. Ma non lo si può definire un vero e proprio antagonista; incarna piuttosto uno dei possibili destini di Merida. Vittima di troppa irruenza e stoltezza giovanile, l’ex principe aveva infatti dato la vita a una strega in cambio di una forza bestiale che a nulla gli valse, se non distruggere il suo stesso regno. Merida alla fine non lo sconfigge; piuttosto lo libera.

L'happy ending, inutile dirlo, c'è comunque. Ma è un finale che funziona col resto della storia. E soprattutto è un bel finale.
Brave
è un film completo: ha picchi esilaranti e parentesi di una violenza vietabilissima ai più piccoli. E' una storia intensa, pulita, piena di speranza. E qui poco importa se si ha a che fare con una principessa che insegue fuochi fatui: Merida è credibile, è normale, è "una di noi". Chioma infuocata a parte.